Di solito preferisco parlare di ciò che mi piace, e molto difficilmente di ciò che non mi piace. A meno che non si tratti di un articolo che decido di scrivere funzionalmente contro qualcosa, per ragioni che ritengo evidentemente sostenibili e opportune, mi sembra infatti piuttosto inutile dedicare parole a ciò che non merita attenzione, sottraendole indirettamente a quello che invece vale la spesa del mio tempo.
In questo caso, però, farò una doverosa eccezione.
Non amo gli eccessivi preamboli, ma qui sono necessari. Strettamente necessari.
Per quel che mi riguarda, il cinema nella sua più ampia accezione si divide in due grandi categorie: (1) grandi classici e (2) film recenti (che magari, chissà, un domani potranno rientrare a vario titolo nei grandi classici, ma ora come ora sono semplicemente quello che passa il convento). Spiegherò di seguito cosa intendo.
Grandi classici
Quelli che chiamo “grandi classici” sono i film della memoria personale e collettiva, che io non limito solo ai capolavori di Alfred Hitchcock, Stanley Kubrick, Steven Spielberg e chi per loro, visto che la lista sarebbe comunque lunga, ma anche a tante, tantissime altre produzioni che bene o male sono entrate nel nostro, o almeno nel mio immaginario estetico di riferimento.
Parlo dei dei mystery anni Trenta, dei muti di Buster Keaton e dei loro immediati successori “sonori” con Stanlio e Ollio, ma anche dei film con Bud Spencer e Terence Hill, così come dei thriller dal sapore argentiano, dei so bad is so good dell’exploitation Sexties e Seventies, aggiungendo anche i kolossal “peplum”, le commedie con Banfi e Vitali, Celentano, Pozzetto, Villaggio, tornando poi indietro al grande cinema italiano interpretato da mostri sacri come Manfredi e Gassman, passando per una gamma infinita di gradazioni dai fumettoni di Fellini a Blade Runner, da Tim Burton a John Carpenter, e così via, in una lista ancora più lunga e soprattutto eterogenea.
Questi numerosissimi film, attenzione, non sono assolutamente tutti belli.
Ci possono essere film bellissimi che ti intrattengono con una storia intrigante e film brutti che ti fanno riflettere, film trash che ti strappano una risata o porgono una qualche logica anche fascinosa (voluta o non voluta, basti pensare a case di produzione come la cara vecchia Troma o la più attuale Asylum), film sciocchi e infantili che però riescono a restituirti un sapore d’altri tempi e una relativa nostalgia; oppure film cult, film che hanno segnato un’epoca, film che testimoniano ambienti e stili, profumi e atteggiamenti, culture, idee. Insomma, c’è di tutto, e deve esserci di tutto. Potremmo dire, in sintesi: capolavori euclidei e non euclidei.
Film recenti
Dall’altro lato, ovviamente a meno di ripescaggi singolari nel novero di cui sopra, che a volte ti capita di incrociare senza particolari ricerche deliberate anche nel cosiddetto mainstream, ci sono invece i film più vicini a noi, ossia quelli che ormai comunemente vengono proposti al pubblico attraverso celebri piattaforme streaming come Netflix e Amazon Prime.
Che si tratti di un prodotto appena uscito o di dieci anni fa, poco importa. Si parla in questo caso di tipologie di film (o di serie televisive) che vediamo ormai praticamente ogni giorno, e che a livello di gradimento posso per quel che mi riguarda ormai inserire in una casistica percentuale definita, che a spanne suona così:
- 10% – assoluti capolavori, o comunque film che mi sono piaciuti parecchio;
- 40% – film divertenti, ben fatti, con buone idee estetiche e una realizzazione tale da far passare allo spettatore un’ora e mezza di ottimo intrattenimento;
- 30% – film girati in modo decente, che si lasciano guardare però in modo distratto, avendo dei difetti che non permettono loro di superare la soglia del puro riempitivo del tempo libero;
- 20% – film oggettivamente brutti, girati male, con una brutta regia e in generale idee brutte o realizzate in modo inefficace.
Cos’è un film?
Ora, indipendentemente dall’insieme di riferimento, qualsiasi film può essere giudicato, più o meno oggettivamente o soggettivamente, nei modi più disparati. Ma resta un fatto: stiamo parlando sempre di film.
Per definire un film credo sia utile chiarire cosa non è un film.
Supponiamo di prendere un piatto da tavola. Supponiamo di metterci dentro salmone affumicato, crema pasticcera, bulloni, soda caustica, marmellata di fragole, detersivo da bucato, caponata pugliese, crema di cioccolata, cemento e silicone. Possiamo definire questo piatto una ricetta? Evidentemente no. Eppure sta in un piatto da portata, esattamente come le ricette degli chef stellati.
Abbiamo capito dunque che non tutto quello che metti in un piatto è una ricetta.
Faccio inoltre notare che nel mio esempio ho usato sia elementi che, se messi insieme, pur essendo commestibili restituiscono comunque chiaramente un connubio improponibile, che non può essere una ricetta degna di questo nome, sia oggetti e sostanze non commestibili, che a maggior ragione avvalorano quanto un’accozzaglia di cose prese a caso non possa dirsi ricetta culinaria solo perché sta in un piatto.
Questo banalissimo ragionamento, mutatis mutandis, ci fa capire una cosa: che un film, brutto o bello che sia, per definirsi “film” deve avere delle caratteristiche, esattamente come una ricetta, buona o cattiva che sia, per essere “ricetta” deve averne altre.
Il “caso” Creators – The Past
Recentemente, nel circuito Prime Video, ho avuto modo di visionare una produzione del 2019 intitolata Creators – The Past.
Ho cercato di guardarlo tutto, ma inizialmente non ci sono riuscito. Poi però, stordito dall’esperienza, ma deciso a continuarla fino in fondo, ho preso fiato e sono arrivato fino alla fine.
Non starò qui a elencare la sequenza di recensioni che ho trovato, banalmente, su YouTube, tutte sostanzialmente concordi nell’affermare quanto tale produzione sia con tutta probabilità una delle cose più orrende mai realizzate da mano umana.
Ma qui c’è un punto che ci tengo a precisare da subito, soprattutto alla luce della lunga e probabilmente noiosa premessa che sono stato costretto a farvi trangugiare prima di dare un giudizio.
Questo NON è un film. Punto, fine, stop.
Come detto, un film, qualsiasi film, può essere bello o brutto, fatto bene o fatto male, guardabile o inguardabile… Ma resta sempre un film. Nel caso di Creators – The Past siamo invece al cospetto di qualcosa che francamente non riesco a comprendere come possa essere anche solo annoverabile tra le fattispecie esistenti.
La “trama” (chiamiamola così) la trovate espressa ovunque, quindi non mi prendo la briga di spiegarvela, anche perché credo non possa neppure essere spiegata. Basti dire che si riduce a un delirio casuale, scritto coi piedi e per giunta pieno di buchi, glissati e aporie, avente a che fare con civiltà aliene, complotti, religioni, sorti della razza umana, cryptoarcheologia, senza capo né coda.
Ma il problema non è tanto la trama, chiaramente ricavata da una pappa informe di note teorie rese celebri dalla satira di Maurizio Crozza nel suo Kazzenger. Il problema non è il cameo di Mauro Biglino, nota figura facente parte del grande circo web dei seguaci delle teorie della genetica aliena, nella parte di sé stesso durante un TG. Il problema non è la triste volontà propagandistica del regista, un certo Zaia, la cui megalomania del tutto immotivata renderebbe desiderabile alla regia pure l’omonimo governatore del Veneto. Il problema non è un’attrice caucasica a nome Eleonora Fani (pure lei nota instagrammer o tiktoker a sfondo sciamanico-cabalistico-ufologico) truccata da donna, o dea, o marziana, inspiegabilmente di etnia africana.
Il problema vero è che questo “film che film non è” risulta essere, all’atto della mera fruizione, una sequenza caotica e urtante di audiovisivi montati senza alcun collegamento logico e stilistico, ovvero un montaggio di immagini colorate in movimento che non producono nulla a parte il puro e sterile fastidio.
Ecco dunque tornare la metafora della ricetta.
Questo, attenzione, non è un film d’avanguardia o di sperimentazione, come potrebbero essere le “tele cinematografiche” di artisti come Jeff Keen e simili. Non lo è perché dietro non esiste alcun genio, alcun autore, alcun pensiero. Niente di niente. Solo la volontà di spendere dei soldi per incollare parti che non stanno insieme.
Immaginate una sequenza tratta da Don Matteo. Unitela a un tutorial di qualche software di grafica computerizzata dedicata all’editing video, fatta male, ambientata in un mondo parallelo o in un pianeta sconosciuto. Collegatela a un servizio di Uno Mattina sul carnevale di Ivrea. Procedete con una sequenza di scene del tutto incomprensibili composte da oggetti in movimento, inquadrature inutili, e andate avanti così per tutta la durata della (chiamiamola) pellicola. Ecco, questo è Creators – The Past: un’operazione che a questo punto io spero sia stata dettata dalla volontà di riciclare del denaro sporco.
A questo punto mi chiedo tante cose. Chi ha potuto produrre questa roba? Chi ha potuto ingaggiare nomi come Depardieu e Shatner, infliggendo loro questo tiro mancino a danno della loro carriera? Come è possibile che vengano anche solo immaginati dei riconoscimenti (li ho letti su Wikipedia) a tale obbrobrio?
Sul serio. Al cospetto di questa roba la laurea albanese del Trota suona come un Nobel.
Ora, attorno a questa “cosa” (che appunto non chiamerei mai film) se ne stanno dicendo parecchie, specie ora che, dopo un lungo e a mio avviso meritatissimo oblio, è ricomparsa in un circuito come Amazon Prime, certamente per ricavarne qualcosa in termini di pure risate.
Tra le varie, gira la voce che la produzione sia costata dieci milioni di euro. Un’affermazione che però io ritengo totalmente artefatta, visto che nessun produttore al mondo consegnerebbe nelle mani di un perfetto sconosciuto come il tale Zaia di cui sopra una siffatta cifra per girare un film. Sta di fatto, che all’epoca della sua uscita è stato un flop totale (ma guarda un po’), ed è riuscito a incassare circa duecentimila euro (cifra che a mio avviso continua ad essere un furto).
Ebbene, che vi posso dire? Cosa possiamo imparare da questa vicenda?
Io posso dire solo questo. Il nostro presente non è semplicemente pieno di insidie e caos; esso stesso è il caos, e, come spesso mi capita di dire, la realtà ha superato abbondantemente la fantasia, visto che i veri “creatori” esistono, e sono ahimé tra noi.
Cosa creano? Perdonate la schiettezza, ma creano le “due palle così” che vi farete se avrete il coraggio di visionare questa robaccia dal primo all’ultimo secondo.
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