On Tumblelogging

Un tumblelog, o tlog, è un tipo di sito web, variante del blog, la cui caratteristica principale consiste nella brevità dei contenuti testuali arricchiti da altri elementi multimediali, differentemente dai lunghi editoriali frequentemente associati ai blog.

Wikipedia

Come spesso accade, la definizione ufficiale si perde molto della fenomenologia effettiva. Io scorro spesso la home page di Tumblr, e penso che in generale il tumblelogging sia qualcosa di più particolare. Non già semplici contenuti brevi ma veri e propri ritagli elettronici con un retrogusto cinico, memetico, sbrigativo come potrebbe esserlo una crudeltà gratuita puramente letteraria o cinematografica.

L’autore, ossia la mano umana dietro il ritaglio, sembra sempre alludere a forme di automatismo totale, concentrate sulla natura viscerale, immediata, sensuale, iconica, ma intrinsecamente transeunte e usa e getta dei contenuti diffusi. Una sorta di arte autogenerata.

Personalmente ho un tumblelog (ovvio) su Tumblr, che si intitola Phil Log Book. Per molto tempo mi sono chiesto come utilizzarlo al meglio, visto che questa filosofia che ho appena descritto non incontra particolarmente i miei favori. Giungendo a una conclusione. Visto che un tumblelog tende a essere esperienza “non autoriale”, io farò l’esatto contrario; lo userò come strumento “iper autoriale”, insistendo sulla centralità dei miei commenti ai materiali multimediali di volta in volta pubblicati, ripubblicati, pescati o appunto ritagliati qua e là.

Filosofia del Divide et Impera

Ho notato che i miei siti seguono una sorta di classificazione. Ossia, non è che io ragioni in termini di contenuti classificati (magari fosse così). Più che altro, mi rendo conto che una classificazione effettivamente esiste, ed è la seguente.

Ambito Vivaldiano Web 2.0

Accanto a questo stesso sito c’è come ovvio il parallelo su Vivaldi Social (Mastodon), che caratterizza una sorta di annotatoio di cose o personali, o legate a tecnologie in qualche misura ben note da tempo.

Ambito Globale (Quasi) Mainstream

Qui si aprono vari blog e siti. In Creative Phil Blog (WordPress) penso si trovi quello che si può intendere come mio blog principale in senso mainstream. Lo denoto in questo modo perché non credo che il mio blog su Drummer — effettivamente “principale” se consideriamo l’indirizzo filippoalbertin.eu — sia un luogo etichettabile come mainstream. Anzi.

Lasciando perdere Twitter/X, poi abbiamo un tumblelog e un account su Bluesky, che vengono automaticamente notificati ogni volta che scrivo un nuovo post (comodissimo, ve lo assicuro). Da notare che a completare questo quadro c’è sicuramente il mio account su Mastodon Social, che di certo non è assolutamente mainstream!

A latere, mi appassiona questa istanza: Calckey, si chiama. Molto cool.

Digital Detox 2.0: Idea per Vivaldi Blog

Una bella idea. Ne parlo in un post su Mastodon e in un articoletto su Creative Phil Blog. Dando anche dei consigli in questo post, sempre su Mastodon.

Side blogging

Ho coniato un concetto ulteriore: side blog; simile a side project, ma appunto riferito alla scrittura nel Web. Credo che questa precisazione sia molto interessante e versatile, perché appunto mi permette di concentrarmi su specifiche attività, e dunque indirizzare il mio uso del Web a prassi proattive. Anche questo è Digital Detox 2.0…

Questo stesso mio blog è un side blog. Parte dalla Vivaldi Browser Community, dunque parla di strumenti per cercare informazioni e per gestirle.

Come Uso Obsidian

Da qualche giorno sto usando Obsidian come strumento organizzativo dell’informazione. Si tratta, in sostanza, di un text editor a base markdown, che ha efficacemente sostituito tutte le app che utilizzavo prima (intendiamoci, non perché pezzi di software come Ghostwriter o Apostrophe fossero inefficienti, anzi…), diventando una sorta di standard sia per la creazione di testi complessi nel suddetto sistema di tagging, sia per la loro organizzazione automatizzata in forma di wiki.

Il funzionamento è particolarmente lineare e intuitivo, e fa riferimento a una sorta di intersezione tra due entità funzionali:

  1. Una banalissima cartella del vostro computer, contenente tutti i file di testo in formato markdown (MD) che vengono generati dal sistema.
  2. L’applicazione stessa, che funge da visore automatizzato e crea automaticamente i file nella cartella di riferimento, organizzandoli come all’interno di un grande sistema ipertestuale.

Il sistema mi permette di gestire soprattutto la complessità oltre una certa soglia di articolazione. Ossia, quando l’informazione diventa effettivamente articolata e quantitativamente rilevante, serve un sistema per gestirla mantenendo un elevato grado di ergonomia e semplicità.

Come credo ovvio, la presenza di una sola cartella — che al limite può essere aggiornata in un cloud con procedure parallele, utilizzando numerosi servizi sul mercato (basti pensare a Dropbox) — rende il backup incredibilmente intuitivo: l’intera cartella, zippata o meno, può essere agevolmente salvata in una memoria esterna, o addirittura restarci di default ed essere utilizzata in presa diretta dall’applicazione.

Il sistema si sta rivelando prezioso per dare una scansione razionale alle mie attività nel web, soprattutto come creatore di contenuti (che espressione orribile), ma anche come collezionista di informazione molto, molto eterogenea. La forma testuale, ovvero ipertestuale, rimane a mio avviso la migliore. Il sistema markdown, che vi invito a imparare, è poi a dir poco perfetto, sia per velocità che per comodità, e diventa abbastanza rapidamente una specie di standard applicabile a qualsiasi scritto licenziabile nel web.

Insomma, ve lo consiglio caldamente.

Ritorno a Endeavour OS

Sono tornato a Endeavour OS, piuttosto entusiasticamente. Ho scelto, come sempre, il flavour GNOME, che grazie alla sublime architettura Arch-based è perfettamente aggiornato.

Tuttavia, come sempre, ho optato per una personalizzazione del desktop a base di estetiche personali. Mi piace aver individuato questo wallpaper, che mi ricorda certe illustrazioni pop della metà anni Ottanta.

Credo che questa configurazione possa essere considerata un mio standard.