Oltre la Merdificazione del Web

man standing in front of people sitting beside table with laptop computers

Cory Doctorow, grande personaggio e comunicatore legato al mondo dei media e del web, ha recentemente coniato il termine enshittification per descrivere le ultime tendenze della grande rete dominata dalle multinazionali del social networking e della compravendita dati online. In italiano, l’espressione potrebbe essere resa letteralmente con un ulteriore e altrettanto colorito neologismo, merdificazione, che come piuttosto ovvio allude a un progressivo degrado della qualità del mezzo.

Doctorow, figura certamente dotata di grande carica istrionica e iconica, intende descrivere un processo a mio avviso meramente economico, dietro una facciata che vede appunto il degrado della qualità come conseguenza diretta. In altre parole, le grandi compagnie inducono il passaggio lungo tre fasi. Nella prima l’utente viene coccolato attraverso la gratuità. Nella seconda il medesimo utente viene trattato male, a favore del “creatore di contenuti” (o dell’azienda) che intende vendergli un prodotto. Nella terza, utente e venditore vengono ugualmente trattati male, attraverso un processo di progressiva acquisizione del valore aggiunto generato dalla loro interazione. Questo processo porta a un progressivo deterioramento dei contenuti verso livelli di qualità sempre più discutibili, fino al raggiungimento dei picchi di squallore che ormai da tempo abbiamo imparato a conoscere.

Ebbene, Doctorow è chiaramente un commentatore di grandissimo pregio, ed è abbastanza chiaro quanto il ruolo della big company di turno sia fondamentale in ciò che descrive. Tuttavia io ritengo che la “bassa qualità”, come fenomeno generale, oltre che essere per definizione valutata da una minoranza evoluta della popolazione (da cui tutte le problematiche democratiche del caso), sia anche di per sé una fenomenologia intrinsecamente legata alle masse, e costituisca pertanto non già un fatto economico, ma più precisamente una risposta economica all’opportunità di monetizzare il peggio che le masse possano produrre.

La mia personale concezione, quindi, esula dal modello “noi contro loro” di Doctorow, che secondo me incorre nella solita semplificazione tipica del pensiero statunitense, e abbraccia invece la necessaria, per quanto fastidiosa, assunzione di responsabilità personale all’interno di una “realtà complessa e sistemica”, quale appunto quella nella quale volenti o nolenti ci troviamo.

Possiamo attingere da fonti informative di qualità, ma non possiamo in alcun modo arginare la disinformazione che dilaga nel villaggio globale. Possiamo difendere noi stessi dalla tracciabilità e dal furto di dati sensibili, ma non possiamo salvare l’intera umanità. E via discorrendo… Una logica positivamente individualista sembra essere l’unica via percorribile affinché specifiche comunità possano usufruire, si spera all’interno di uno scenario decente, del mezzo informatico come strumento di libertà e miglioramento.

In questo senso, credo si ponga come irrinunciabile il discorso sull’ormai inevitabile scontro tra modelli centralizzati e modelli decentralizzati.

Il dilagante esodo verso piattaforme molto più decentralizzate come Mastodon, avvenuto per esempio dopo il passaggio di proprietà di Twitter a Elon Musk, esprime con eloquenza una dinamica: la percezione della necessità di godere di un Web libero e slegato da logiche “seconde” potrà non riguardare le masse, ma certamente riguarda moltissime persone.

Non è ovviamente questa la sede più idonea per parlarne, ma credo che anche il mondo della blockchain stia seguendo questa tendenza, supportandola dal punto di vista tecnico per ottenere un grado di decentralizzazione molto più spinto, per non dire radicale.

Per me la questione non è tanto confinata a una non meglio precisata lotta continua, che vedo sterile per definizione, contro gli interessi delle grandi multinazionali della tecnologia infotelematica. Piuttosto, si tratta di mettere in piedi soluzioni alternative in grado di ovviare ai difetti del sistema, per noi e per coloro che condividono la nostra volontà di tornare a un Web costruttivo e migliorativo della vita di ciascuno.

Quindi, serve riflettere su alcuni dettagli. Il Web non è una riproduzione in scala uno a uno del mondo e della sua popolazione. Il Web è uno strumento nelle mani di chi lo usa, e siamo soprattutto noi a definirne un profilo intelligente e proficuo.

Questa cosa non dobbiamo mai dimenticarla.

Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *