Nel 2014 facevo ancora parte di un team che a Padova portava avanti poliedrici progetti culturali, soprattutto legati al teatro di ricerca (Laboratorio Artaud). Tra questi progetti, un festival estivo che premiava cortometraggi europei, e che in quella edizione consegnò il primo premio a questo Dinosaurios en 3D, di tale Juan Beiro, poetica e malinconica celebrazione delle dimenticate e dismesse sale cinematografiche a Madrid.
A distanza di anni mi torna in mente questo bellissimo pezzo di micro-cinema, cadenzato da una stupenda versione orchestrale di ben noto e iconico brano di Granados: Andaluza, che vi propongo nell’originale versione pianistica.
Mi è venuta in mente questa cosa perché ho pensato — un po’ come l’amico Alessandro Pesavento, avvocato molto impegnato a Vicenza nella difesa del territorio, che a Padova ha studiato e che appunto me lo sottolineava qualche tempo fa durante un nostro incontro istituzionale — a come questa città (come tutte, immagino, ma soprattutto questa, con la sua verve tipicamente universitaria) abbia perso molto a livello culturale. Non parlo nello specifico dei cinema, che sono di fatto scomparsi da tempo, ma delle librerie; le tante, gigantesche librerie che popolavano la città quasi come delle micro-città al suo interno.
Ho passato anni della mia adolescenza e giovinezza a percorrere l’esoterismo della Libreria Internazionale, oggi emporio di detersivi e saponi, oppure la narrativa statunitense di genere (quelle copertine della Sperling & Kupfer!) che dilagava alla Zannoni, in pieno centro, oggi credo tramutata in negozio di abiti o scarpe, per non parlare delle onnipresenti librerie che gli americani chiamano “remainders”, dedite alla ricommercializzazione del fuori catalogo, anche queste oggi convertite in deprimenti succursali del reame dell’usa e getta.
Che dire. Mi andava di dirvelo. C’è qualcuno che sta attentando alla memoria collettiva. Lo fa smantellando senza preoccuparsi di riallestire altrove. Lo fa distruggendo, senza prendersi a cuore la ricostruzione.