Like 1999…
L’idea principale del primo Web (quello che chiamavamo uno punto zero, e che, diciamocelo, era il migliore sul piano della comunicazione) ruotava attorno a un’affermazione implicita: là fuori c’è un mondo da scoprire… Sottotesto: un mondo che vale la pena esplorare. Ci sono storici blogger che ancora amano “bloggare come nel 1999”, usando un’espressione del grande Dave Winer.
Oggi come oggi questo postulato si è ribaltato. Il Web non è più nelle mani di un ristretto numero di addetti ai lavori, per definizione (suvvia, è una definizione ovvia) intelligenti e creativi, ma nasconde frustrazioni, analfabetismo funzionale celato da profili falsi, BOT, oceani di cacciatori di like che sognano solo di rivendere l’account al primo potentato di turno, oppure agenzie di comunicazione che puntano solo a segmentare la società in due fazioni, quelli che mangiano carne rossa e non credono al cambiamento climatico, e quelli che inneggiano al gay pride e comprano auto elettriche.
Io per esempio mangio pochissima carne (ma la mangio), non sono un assiduo frequentatore dei gay pride ma ritengo che ciascuno abbia il sacrosanto diritto di essere omosessuale (anche se ritengo una stronzata inaudita il Wald Disney della woke culture), credo fermamente nel cambiamento climatico, ma non alle fandonie del mining Bitcoin come fonte di spreco energetico (anzi), e la lista potrebbe essere lunga. Il fatto è che a cambiare dovrebbe essere proprio il paradigma. La scienza è fatta di ragionamenti, non di tifoserie. Oggi invece si preferisce alimentare le seconde, più semplici per effettuare il divide et impera rispetto al popolo bue.
Con un interrogativo che lentamente prende piede: siamo al cospetto di una rappresentazione falsata del mondo, oppure di un mondo che si sta adeguando a questa sua deformata versione?
Inflazioni sociali
Il punto è che probabilmente valgono entrambe le interpretazioni, dettaglio che rende paradossalmente molto più conflittuale e ambiguo il quadro di riferimento. Una sorta di principio di indeterminazione applicato alla società, laddove per società intendiamo — giova ricordarlo — un novero di aventi diritto che per oltre il 50% hanno definitivamente rinunciato a esprimere la loro preferenza politica. Un caso? Pigrizia? Disillusione? Non credo proprio. Dietro l’evidente decadenza della politica ci sono dinamiche sociali molto precise, che riguardano un mondo passato dall’ordine al caos, dalla società dei ruoli e delle mansioni a quella del tutti contro tutti.
Ebbene, se dovessi esprimere la cosa in due parole mi andrei a rifare alla teoria della scarsità alla base del valore dell’oro e di Bitcoin. Viviamo in un mondo dove tutti vogliono essere romanzieri di successo e nessuno vuole leggere libri, dove tutti vogliono essere ricchi sfondati schioccando un dito, e via discorrendo. Un mondo, cioè, fatto di oceani di persone che pretendono di essere moneta sonante, con l’unico effetto possibile: l’inflazione, la svalutazione, la perdita di potere d’acquisto; il contrario, mutatis mutandis, di quello che appunto accade con oro e Bitcoin, che sono asset finiti, limitati superiormente, a offerta fissa.
Lo capiamo, no? Se tutti vogliono fare gli intellettuali, non ci saranno di fatto più intellettuali. Se tutti vogliono dire la loro, non ci sarà più verità, oggettività, scienza… Non per niente abbiamo iniziato a parlare di una società della post verità.
Una via sensata per il Web contemporaneo
Vogliamo continuare a dare retta a odiatori seriali con la terza elementare? Vogliamo ancora ascoltare le teorie geopolitiche dell’idraulico e quelle virologiche dell’estetista? Se la risposta è negativa, allora dobbiamo trovare una nuova strada per l’utilizzo intelligente della Grande Rete, oggi affollata e più dannosa che utile.
La via, secondo me, deve necessariamente considerare un postulato…
Un Web che non connette nodi realmente esistenti nella realtà, operativi nella realtà stessa per creare valore, prima o poi si trasforma in una bolla autoreferenziale, buona sola per generare caos e disvalore.
Immediato corollario di quanto detto è che — a parte ovviamente la nicchia dei servizi erogabili direttamente in modalità infotelematica — il Web “buono” deve necessariamente porgere strutture in grado di connettersi efficacemente con uno o più territori fisici, veicolando l’incontro, la conoscenza, l’approfondimento in presenza.
Questo significa demonizzare i webinar Zoom e Google Meet? Assolutamente no, anzi. Lo strumento “da remoto” rimane non solo utile, ma fondamentale. Si tratta però di riferirlo a dinamiche che devono avvenire nel mondo reale. Meno opinioni, più fatti. Meno teorie, più pratiche. Meno avatar, più persone reali. La rete è uno strumento di connessione, non di auto-connessione del niente col niente.
Monopoli e fediversi
Da qualche tempo a questa parte, lo sappiamo, ben noti social network sono diventati tristemente famosi per le loro funzioni (il virgolettato è in questo caso d’obbligo) “politiche”, con abbondante diffusione di fake news, campagne d’odio, inseguimenti del like facile e del relativo consenso, e via discorrendo. Non voglio qui addentrarmi in questioni che hanno a mio avviso a che fare con puri teatrini autoreferenziali, animati dagli Elon Musk di turno e dai loro seguaci al soldo.
Mi limito a parlare, ancora una volta, della realtà oggettiva, che oggi si esprime con l’eloquenza dei fatti. Per quanto il Web si agiti in questa o quella direzione, a recarsi alle urne rimane una scarsa metà della popolazione, segno evidente che l’altra metà è interessata a ben altro.
Il rigetto verso i molti monopoli che caratterizzano le grandi compagnie della comunicazione (e della profilazione) nel Web, da Facebook a X/Twitter, è anch’esso un dato di fatto, che sembra aver indotto la comunità open source a trovare delle alternative. Queste alternative, inutile girarci tanto attorno, nel caso della comunicazione one to many sono molto precise: il fediverso rappresentato dall’ecosistema Mastodon, e la new entry BlueSky, che fediverso in senso stretto proprio non è, ma sembra strizzare l’occhio a questa filosofia.
Si tratta di sistemi effettivamente liberi e belli? In tutta franchezza non saprei, o meglio potrei dare un’opinione solo qui e ora: qualsiasi isola vergine, prima di essere popolata dal cemento della speculazione edilizia e del turismo selvaggio, è libera e bella. Personalmente ho un account X/Twitter piuttosto frequentato, e non ho alcuna intenzione di chiuderlo per il solo fatto che il suo proprietario è un miliardario pazzo convinto di poter colonizzare Marte. Continuo a ritenere che sia l’uomo a fare la bontà o la cattiveria dello strumento, e non viceversa.
In ogni caso, riferendoci a queste due “isole” (di cui una più simile a un arcipelago confederato) è oggettiva la cospicua presenza di soggetti mediamente più interessanti rispetto alla situazione di quasi totale disagio psichico vigente nel mainstream. Inutile girarci attorno: su Mastodon e BlueSky tira un’aria più leggera e ossigenata.
A fronte di tutto ciò, la prima domanda che mi pongo è sempre la stessa: come posso utilizzare efficacemente questi strumenti, e come posso differenziarli andando a cogliere e interpretare al meglio le loro peculiarità?
La mia mappa in BlueSky
Con estrema umiltà, credo che la via migliore sia quella che passa dalla consultazione di una mappa deliberata che ciascuno di noi deve disegnare prima di intraprendere il viaggo con un determinato strumento. Nel caso del mio BlueSky questa mappa somiglia alla risultante dei seguenti punti programmatici.
Forma
Reblog di miei articoli — In questo caso, l’automatismo è concesso. I miei articoli, sia pure indirettamente, parlano di me, quindi è giusto rilanciarli in un luogo che dovrebbe essere appunto rappresentativo del mio modo di lavorare, ragionare ed esprimere idee.
Aggiornamenti personali — I veri e propri “twit” dell’originario Twitter. Ideali per veicolare aggiornamenti all’interno di potenziali community.
Sostanza
Eccoci dunque a parlare dei temi e delle tonalità generali da dedicare a BlueSky. Questa sezione sarà più chiara una volta letta quella successiva. Basti dire in questo caso che BlueSky è secondo me un luogo da riservare a interazioni non particolarmente legate alla tecnologia. Se devo essere un “quasi nerd” (non lo sono, ma a volte mi costringo ad esserlo per convenienze logistiche e gnoseologiche), preferisco farlo altrove.
In BlueSky voglio parlare di creatività e management, viaggi e gatti, aziende e prodotti, servizi, ma anche letture, serie TV, sia direttamente che indirettamente.
La mia mappa in Mastodon
Nel mio Mastodon “social” ho a disposizione 500 caratteri, ben 200 in più rispetto a quelli di BlueSky. Non si tratta di un dettaglio da poco: con 500 caratteri non puoi certamente scrivere un trattato, ma la dimensione è piuttosto corposa e permette parecchie libertà in più.
Forma
Micropost — Aggiornamenti che diventano veri e propri post, ma più sintetici e diretti. Piccoli pezzi, ragionamenti, perifrasi, descrizioni puntuali e risorse.
Reblog di miei articoli — Come per BlueSky.
Sostanza
Un pizzico di cultura tecnologica. Di certo Mastodon rappresenta un presente molto tech, quindi potrei trovare proprio qui l’ambiente ideale per trattare questi temi.
Ergo…
La comunicazione nel Web è un fatto di consapevolezza, chiarezza e responsabilità personale. Se il mondo va nella direzione del caos e della mancanza totale di ordine e razionalità, io intendo andare in quella opposta.
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