Arrivati ieri ad Acquapendente. Viaggio piuttosto tranquillo e scorrevole: da Vicenza fino a Orvieto non abbiamo praticamente trovato alcun impedimento, se non qualche minimo rallentamento dovuto a lavori stradali. Partiti alle 7.45, poco prima dell’una eravamo già a pranzo.
A dire il vero la temperatura qui nel viterbese è leggermente più rigida, o così sembra. Ho il naso freddo, e mi è stato riferito che a Vicenza fa più caldo del solito. Ho nel frattempo ricevuto gli auguri da parte del team dei miei datori di lavoro, nonché del gruppo politico territoriale.
L’altroieri, in serata, ci siamo visti il film Diabolik, del fratelli Manetti. Un vero schifo, per quel che mi riguarda. Sono perfettamente d’accordo con gran parte della critica, che ha visto bene di stroncarlo.
Il bilancio del secondo adattamento del fumetto delle Giussani (dopo quello di Mario Bava nel 1968, kitsch ma molto divertito e godereccio) è disastroso. Il Diabolik dei fratelli Manetti non è un errore ma il frutto di una serie di scelte precise, di una visione chiara che tuttavia è incomprensibile. (Wired)
La citazione mi ha indotto a recuperare proprio la versione di fine Sessanta firmata da Mario Bava, che è stato oggettivamente un colossale innovatore e un regista assolutamente ispirato, specie nel cinema di genere all’italiana. Lo si trova in versione integrale su YouTube. Potrei mai smettere di ringraziare la Grande Rete?
Mi sono reso conto che continuo a sostenere la superiorità del (nostro) passato rispetto al (sempre nostro) presente (di Italia ormai colonizzata dal peggio). Ormai è una sorta di tormentone personale, per non dire un vero e proprio filone di interessi. Cerco il passato, che è sempre più difficile da recuperare. Cerco di individuare dei percorsi di sensata fruizione del passato nel presente, cosa tutt’altro che banale.
La cosa può essere estesa al comparto cultura, con qualche considerazione in più. Non solo non abbiamo più intellettuali, ma non abbiamo più le condizioni per una loro collocabilità e sensatezza. Che dire: la finisco qui, altrimenti ci sarebbe troppo da dire.