Primo Gennaio Autodivinatorio

Sono stato quasi tutte le vacanze natalizie chiuso in casa. Il cielo di Acquapendente ha avuto qualche sprazzo soleggiato, che abbiamo sfruttato per due aperitivi in piazza. Per il resto, pioggia e grigiume, come ora davanti alla finestra. Rami secchi, uccellini, e i suoni tipici della vegetazione carica di fredda umidità.

Il primo dell’anno è sempre, per tutti, per troppi, un richiamo a chissà quale cambiamento nella propria esistenza. Ebbene, io credo che la prospettiva sia troppo ampia. L’anno cambia, ma è ovvio che noi restiamo quelli che siamo, e che la nostra evoluzione può solo definirsi lungo la scia della tenacia giornaliera, per non dire ora per ora, minuto per minuto.

Tuttavia mi piace immaginare una nuova attenzione in grado di veicolare certi cambiamenti. Il passaggio annuale è in questo senso un’occasione stimolante, non ci sono dubbi.

Ho deciso, per esempio, di razionalizzare alcuni miei luoghi nel web, primo fra tutti Instagram, che a mio avviso dovrebbe servire a scopi più orientati e meno casuali e autoreferenziali. Interessante per esempio l’uso delle “storie”, che possono essere trasformate in immagini e utilizzate altrove.

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Utilizzo il mio Mastodon Vivaldi Social come luogo dove annotare pubblicamente quello che faccio in senso creativo. Nello specifico, queste carte colorate mi stimolano. Voglio inserirle qui, collezionarle, usarle…

Soliti Scarabocchi Ritrovati

Stamattina ho trovato un mio vecchio taccuino, imboscato nei meandri dello zaino che ho portato qui in vacanza assieme al mio Chromebook. (Ebbene sì, niente Vivaldi Browser. Di solito quando mi muovo vado di standardizzazione mainstream, anche perché la produttività personale in senso lato è messa da parte.)

Ci sono delle immagini veramente cool. Come questa, per esempio. Come vedete, amo utilizzare per questi ritagli la mia succursale di microblogging nel fediverso di Vivaldi Social, che vi invito a seguire e a usare.

https://social.vivaldi.net/@creativephil/111662851002610501

Nel medesimo taccuino ho anche trovato delle cose che mi ricordano la mia passione per il cinema di genere di quello che ho sempre chiamato “il cinquantennio pop”, dagli anni Cinquanta a poco dopo la fine degli anni Ottanta. Non saprei come inquadrarle, ma mi piacciono molto.

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Per non parlare di questo delirio discordiano, che mi suggerisce di continuare una certa lettura che ho messo momentaneamente nel cassetto: L’Occhio nella Piramide (1975). Ma questa è un’altra storia…

https://social.vivaldi.net/@creativephil/111662749235891074

Su Felini e Affini

Quello verso i felini è per me un amore di vecchia data, nato per ragioni misteriose durante l’infanzia, scomparso durante l’adolescenza e la prima giovinezza, e infine rinato grazie a mia moglie. I gatti che oggi mi accompagnano rappresentano quindi enigmi lontani, figli delle sensazioni di un bambino immerso nella provincia veneta degli anni Ottanta, e alimentano la volontà di riscoprire quei mondi anche nel caos offensivo e insopportabile del presente.

Se dicessi di non preferire un certo gatto rispetto a un altro direi una bugia. Per quel che mi riguarda, prediligo i gatti tigrati europei dalle tonalità argentee, stranamente snobbati dai più, forse per la loro elevata diffusione, oppure quelli uniformemente neri o grigi. Ma queste considerazioni su gusti personali ed estetiche lasciano il tempo che trovano, visto che l’amore per un gatto può nascere sia a prima vista, sia, nel tempo di una convivenza, per questioni legati a storie comuni e affinità. Insomma, siamo sempre al cospetto di un mistero.

Di mistero – e di sogni – parlava anche William Burroughs nel suo “The Cat Inside”, dove si autodefiniva Il Guardiano, custode di gatti e loro protettore. Una definizione interessante e cruciale, che condivido in pieno nonostante la mia ovvia distanza dal grande e discusso scrittore statunitense.

Condivido coi felini una proverbiale pigrizia, promossa certamente dal fastidio che provo di fronte alla dilagante idiozia di gran parte del genere umano. In altre parole, più la mediocrità degli uomini tocca il mio sguardo, più aspiro a trasformarmi definitivamente in un gatto.

Stato dell’Essere e Creatività

Riporto di seguito un mio scritto personale, da tempo nel cassetto digitale…

Ciascuno di noi si trova in uno “stato”, ossia in una configurazione dinamica di azioni quotidiane, possibilità e impossibilità, coercizioni, potenzialità, abilità, che compaiono sostanzialmente identiche giorno dopo giorno, e che più o meno lentamente evolvono verso “stati” temporalmente contigui.

Il concetto di “stato” è ovviamente e fortemente legato alle condizioni economiche, sociali e lavorative che caratterizzano la nostra vita. Non per niente si parla di “status sociale”, utilizzando una parola di diretta derivazione.

Il concetto operativo e concreto di “stato” individua due affermazioni immediatamente conseguenti: la prima è che noi “compiamo azioni all’interno del nostro stato”, e la seconda è che “ciò che facciamo è inevitabilmente legato e conforme al nostro stato”, ovvero può esistere solo se coerente col medesimo.

Due esempi per capire cosa intendo sono presto detti, ma il secondo presenterà una questione piuttosto interessante da valutare.

Il primo: Indipendentemente da quelli che possono essere i miei gusti personali in materia di automobili, io non guido un Ferrari Testarossa per il semplice fatto che il mio “stato” non mi permette di acquistare e mantenere un’auto così lussuosa. L’auto che posso permettermi di guidare è coerente col mio “stato”, ed è evidentemente un’utilitaria.

Il secondo: Il mio “stato” può permettermi di acquistare e leggere un libro. Ma questo libro, che evidentemente leggerò “nel mio stato”, ossia non già all’interno di una suite d’hotel categoria lusso a Londra, ma con tutta probabilità al parco, o nel salotto di casa, perché lo sto leggendo? Semplicemente per intrattenermi o imparare qualcosa che posso esercitare “nel mio stato”, oppure per passare dal mio stato attuale a un altro stato?

In questo dilemma c’è tutta la difficoltà interpretativa tipica del dare un senso a quello che facciamo, ossia nello scegliere in modo lucido e attendibile tra due estremi: da un lato il fare le cose solo per renderci migliori all’interno del nostro stato; dall’altro il farle per trasformare il nostro stato in qualcosa d’altro, ovvero in un “altro stato”, che si suppone migliore e superiore.

Logicamente, tornando al tema della creatività, le cose non sono poi così chiare. C’è chi ama sia il suo mestiere che i vari hobby che il medesimo permette di svolgere attraverso i frutti reddituali che lo accompagnano, oppure chi non sa bene perché stia facendo una certa cosa, in quanto non ha informazioni bastanti su sé stesso, o su ciò che lo circonda, o su entrambi.

Dal mio punto di vista, credo che anche in ambito creativo sia fondamentale capire dove si vuole andare ponendo in atto un certo comportamento. Sto scrivendo il mio diario personale per giungere a scrivere un romanzo, oppure lo sto scrivendo semplicemente per tenere traccia di idee e nomi che possono rivelarsi interessanti?

Anche in questo senso le azioni possono comunque fare riferimento a uno scenario molto ambiguo. Io posso per esempio iniziare qualcosa per puro divertimento o intrattenimento “all’interno del mio stato”, probabilmente ritenuto immutabile o ben poco modificabile. Questa passione potrebbe però diventare pure un mestiere, ammesso e non concesso che io cerchi questa svolta.

Per quel che mi riguarda, credo serva ragionare in modo aperto, ma nel contempo lucido. Se non cerchiamo qualcosa, può esserci anche la possibilità di trovare “ciò che non sappiamo ancora essere quello che cerchiamo”, ma è piuttosto difficile che questo avvenga. Per trovare una via dobbiamo necessariamente immaginare degli scenari che possano essere ragionevolmente adatti a noi.

In generale, serve fare esperienza, ovvero sporcarsi le mani. Difficilmente possiamo intuire la portata di un atto creativo senza averlo implementato. Quindi la pianificazione è importante, ma non vale nulla, in termini percettivi, se non si traduce in un’azione concreta dove mettiamo in gioco quello che sappiamo fare.