Sul Cosiddetto Disegno Brutto: Confutazione

Oggi sono incappato in un sito veramente molto ben realizzato, appassionato e soprattutto utile. A me la dicitura “disegno brutto” però non piace molto, perché in realtà i risultati di questa metodica non porgono assolutamente un output effettivamente brutto. Più che altro direi selvaggio, spontaneo, immediato, bambinesco, con uno stile che ricorda peraltro svariati grandi artisti della grafica e della pittura (Saul Steinberg, Paul Klee, solo per citarne alcuni).

Se poi ci spostiamo al campo del pensiero visuale, l’adagio di Mike Rohde parla chiaro: riferendosi alla tecnica della sketchnote (da lui ideata), la denota precisando che riguarda le idee, e non l’arte. Quindi, nel parlare di immagini che servono a pensare, ci riferiamo comunque a una forma di disegno che si valuta per la sua funzione, e non per il suo contenuto estetico.

Ma è veramente così? Secondo me no, ovvero non proprio, e la realtà è ancora più sottile e intrigante. Cercherò di spiegarla al meglio.

Esiste a mio avviso un’estetica della funzionalità, una sorta di punto intermedio, di proporzione quasi aurea, che dovrebbe intercettare un affinarsi lungo la via del disegnare non manieristico, ma comunque legato a un’efficacia comunicativa che è nel contempo funzione e bellezza. Esiste, cioè, un galateo che non allude alla bellezza, che so, di un’immagine copiata a mano con precisione fotografica, o di uno schizzo in perfetta prospettiva annotato da un abilissimo architetto, ma risponde a esigenze diverse, a sensibilità alternative, nonché a istanze altrettanto conformi alla bellezza in senso lato.

Il rifiuto del manierismo non è il rifiuto di una certa concezione dell’equilibrio compositivo, che può tranquillamente essere fatto di eccessi e di misure, in un mix che la pratica può efficacemente individuare.

Il mio modo di disegnare è solo mio. Procede per tentativi, giustapposizioni, montaggi, che hanno come unico scopo la costruzione di qualcosa che serva. Tutto qui.

Synthwave: un madrigale

Attraverso questo velo di suono
traspare il volto dell'amore
che io ascolto in mono.
Beatamente vibrante nel suo colore,
che è carminio e fucsia e lapislazzulo dorato,
produce una sorta di elettronico calore.
Fortemente ambrato
e dal sole di pixel delicatamente sfiorato.

Ogni tanto mi diletto con qualche forma poetica antica. Interessante l’associazione a un tema tutt’altro che antico. A mio modo, faccio il postmoderno. Ovvero il post-postmoderno.

Nuovo Frontespizio Blog

Per ravvivare il mio blog ho scelto un nuovo frontespizio, secondo me significativo. Il profilo misterioso di Stonehenge, per me, rappresenta il silenzio creativo che ho sempre associato ai grandi spazi selvaggi o deserti circostanti (la wilderness), e metaforicamente anche la creatività in genere, almeno come la concepisco io.

Merlin: a Poem

A un gatto omonimo.

In a world of shadows, where silence reigns,
A little grey cat named Merlino remains.
With eyes like moonlight, and fur so fine,
He roams the night, a creature divine.

Through cobblestone streets, he gracefully strides,
His presence unnoticed, as he silently glides.
His paws leave no trace, his steps are light,
As he ventures forth into the moonlit night.

With every leap, he soars through the air,
A graceful dancer, without a care.
He chases the stars, with a playful delight,
As they twinkle above, in the velvet night.

His purrs are whispers, soft as a breeze,
A melody that puts the mind at ease.
He weaves through the shadows, with feline grace,
Leaving behind a trace of mystery and grace.

Oh, little grey cat, with eyes so bright,
You bring joy and wonder, in the darkest night.
Your spirit is wild, your heart is free,
A symbol of beauty, for all to see.

So, let us raise a toast, to Merlino the grey,
A poet of the night, in his own special way.
May his adventures continue, forevermore,
As he dances through life, on his paws, evermore.

La Materia Felina

Noi siamo il gatto che è in noi. Siamo i gatti che non possono camminare da soli, e per noi c’è un posto soltanto.

William Burroughs

Leggo da un mio diario:

Nonostante la forzosa iconografia sostenuta da supereroine e spogliarelliste anni Sessanta in sembianze feline, trovo che il gatto sia il mammifero più lontano dall’erotismo di qualsiasi altro animale, cosa che ai miei occhi contribuisce ulteriormente a sancirne l’indescrivibile fascino. A parte l’episodica e del tutto funzionale stagione degli amori, che si risolve in un estro violento, brevissimo e autoreferenziale, la carica sessuale o peggio sensuale del gatto è inesistente, del tutto sostituita dalla sua natura puramente psichica e per certi versi aliena che riesce a comunicare in forma seduttiva.

Come dice William Burroughs nei suo noto libro monografico The Cat Inside (1986), nella storia del suo rapporto con l’essere umano il gatto addomesticato non ha mai avuto alcuna concreta funzione se non quella di spiritello del focolare, capace solo di donare sé stesso in cambio di vitto e alloggio.

Selene e Merlino, i gatti di casa.