Usi Creativi delle Storie (in Signal)

Nel mondo degli instant messenger, dopo WhatsApp e Telegram, il primo nome che poteva venirmi in mente è certamente Signal, la cui diffusione è purtroppo inversamente proporzionale al grande valore in tema di sicurezza e privacy.

A distanza di qualche tempo l’ho ripreso in mano, e ho visto che hanno inserito anche le storie. Quelle stesse, frivole ed effimere storie che dallo storico Snapchat che le ha coniate hanno conquistato tutti: Facebook, Instagram, lo stesso WhatsApp, e ora appunto Signal.

Da qui una domanda. Visto che Signal è un’applicazione (passatemi il termine) seria, è possibile usare in modo serio anche lo “strumento” delle storie?

Innanzitutto, cosa sono le storie? Banalmente, sono contenuti multimediali costituiti da vari remix di testo, immagini, suoni e video, che compaiono nelle nostre bacheche, e risultano a disposizione del pubblico col quale abbiamo deciso di condividerle per sole 24 ore. Questo specifico aspetto costituisce la loro caratteristica precipua: sono messaggi che definitiva si autodistruggono, come le comunicazioni segrete, ma in un tempo abbastanza congruo alla loro fruizione da parte di un pubblico potenzialmente vasto.

Ma a cosa servono le storie?

Qui le cose si fanno leggermente più complicate. Le storie, a rigore, dovrebbero essere dei contenuti in linea con la natura fortemente transeunte del web, specie rappresentato dal microblogging in genere. Non è infatti difficile convincersi del fatto che un banale post di twitter, a differenza di quanto accade nei blog classici e a maggior ragione nei siti statici, ben difficilmente sarà rivisto e ripreso a distanza di tempo.

Quindi, in sostanza, le storie — lasciando da parte la possibilità manuale di scaricarle e conservarle — sono contenuti che pretendono dal pubblico un’attenzione forte, ma momentanea. (E io aggiungo: Sarà poi il pubblico stesso a ricordare questo o quello a seconda dell’importanza…)

Sulla scorta di questa idea di fondo, a cosa possono servire le storie, nello specifico quelle (veramente ben fatte) coniabili con Signal?

Imponendolo come standard per la comunicazione tra colleghi, secondo me le storie possono essere un ottimo strumento di sincronizzazione e condivisione, mediato dalla necessità di dedicare una certa attenzione al team stesso.

Sulla base di questa intuizione di base, le applicazioni possono essere infinite.

New Old Ubuntu!

Lo stile di Ubuntu Unity, nuovo nato “retrospettivo” nella famiglia Ubuntu.

Il nostalgismo ha senso? Ha senso, cioè, porsi esteticamente e funzionalmente la questione della validità o meno dell’evoluzione tecnologica?

Secondo me sì, e là fuori ci sono centinaia di persone che mi daranno ragione, anche dal punto di vista professionale. Tanto per fare qualche esempio, risulta noto a qualsiasi informatico quanto i computer di un tempo, certamente meno dotati a livello di RAM, fossero per molti versi più veloci e reattivi di tanti macchinari attuali, e la maggior parte dei musicisti e tecnici del suono sa benissimo che l’analogico, in musica, tende ad essere migliore del digitale.

In questo periodo sto usando Ubuntu Unity, una versione particolare del noto sistema operativo, che riprende in mano l’abbandonato progetto della famosa barra laterale alternativa a quella di GNOME, che a suo tempo spaccò letteralmente in due l’utenza tra favorevoli e contrari.

Personalmente non mi sono mai schierato. All’epoca l’innovazione in questione non mi parve né particolarmente rivoluzionaria, né fastidiosa, tanto che continuai a utilizzare la versione ammiraglia senza alcun problema.

A tutt’oggi continuo a usare Ubuntu Standard (GNOME), ma mi incuriosiva provare questa versione “revival”, che ho trovato veramente stimolante, soprattutto dal punto di vista estetico.

Provatela anche voi.

No Longform & Cyberpunk Oldie

Ho coniato una nuova sigla, NOLONGFORM, per caratterizzare la mia “idea manifesto” per il mio, chiamiamolo, blogging style. Si potrebbe anche optare per una versione ulteriormente abbreviata in NOLOFO, che già mi piace ancora di più.

Sto scrivendo questa cosa con un mio vecchissimo laptop targato Compaq, ormai ridotto a una sorta di reperto cyberpunk. A parte l’architettura a 32 bit, ormai in totale disuso, lo strumento è letteralmente un rattoppo: batteria inesistente, funzionamento in presa diretta con caricatore rigorosamente non originale, adesivi ovunque, tastiera unta e bisunta (ma ancora fantasticamente comoda), nonché hard disk disintegrato (che non so come faccia a funzionare, peraltro piuttosto bene) e ventola sempre in tiro.

Però continua a piacermi. Si tratta di uno di quei computer che nostalgicamente mima la velocità di un tempo, non supportata da chissà che prerogative hardware. Il sistema operativo è un’antica versione di Ubuntu MATE, ovviamente priva di qualsiasi supporto.

Ecco un esempio di NOLOFO post.

Alcune Ossessioni Fanta-Letterarie

La letteratura, letteralmente, o letterariamente, mi ossessiona ponendomi delle domande specifiche, che suonano circa così:

  • Come può la letteratura veicolare un messaggio utile nella realtà, pur creando un mondo totalmente svincolato da qualsiasi ragionevolezza reale? (Non parlo, attenzione, di mondo “fantastici” o “fantascientifici” che possano essere “plausibili” sulla base di un sistema di regole assolutamente codificate, ma di vere e proprie assurdità che però, attraverso la mediazione, come dire, “poetica”, della letteratura, diventano magicamente ascoltabili e visualizzabili come reali o realistici.)
  • Come può la letteratura veicolare un messaggio utile nella realtà, parlando letterariamente di cose assolutamente reali o realistiche?
  • Come possono i protagonisti delle innumerevoli serie dedicate a (quelli che io chiamo) vampiri metropolitani in salsa di psicodramma famigliare vivere alla grande senza muovere neppure un dito, anche solo per far finta di lavorare?
  • Perché i fantasmi letterari sono assoggettati alla forza gravitazionale? Ha senso? Non dovrebbero invece potersi muovere attraversando la materia anche verticalmente oltre che orizzontalmente?
  • Corollario: Ma poi perché i fantasmi sono raffigurati con un corpo? Ha senso un corpo nella non corporeità?